giovedì 16 ottobre 2008

C'era una volta il sogno americano


È difficile dire che cosa mi abbia spinto ad andare a vivere per tre mesi in una sperduta cittadina dell’Indiana. Ed è ancora più difficile scriverne, metabolizzare le esperienze che ho vissuto, i significati che vi ho attribuito e gli insegnamenti che ne ho tratto. Ancora oggi, nonostante siano passati diversi mesi dal mio rientro, mi sento chiedere a ripetizione che cosa mi abbia spinto a optare per una destinazione così insolita rispetto alle mille luci e agli enormi stimoli che una grande città americana mi avrebbe potuto dare. L’idea che avevo degli Stati Uniti era inevitabilmente diversa da quella che mi sono fatto dopo questi tre mesi. Televisione, giornali, viaggi precedenti e racconti di amici parlavano per forza di un’America diversa. Non ho vissuto l’America dei film, non ho abitato vicino a nessun grattacielo. Mi svegliavo la mattina e dalla finestra della mia camera vedevo soltanto mais e cisterne d’acqua, pick up e casette di legno. Il numero di abitanti dell’intero stato dell’Indiana non raggiunge quello della sola New York City. Richmond, la città dove ho vissuto, conta circa 40mila abitanti, molti meno di Treviso, la mia città di origine. Non esistono bar, nel senso in cui li intendiamo noi, non esistono locali notturni e Wal Mart e Walgreens sono gli unici posti in cui fare shopping. Persone conosciute per caso durante un mio precedente viaggio negli States sono diventate dei punti di riferimento insostituibili. Vivere a stretto contatto con loro ogni giorno mi ha aiutato a comprendere le dinamiche che regolano la vita quotidiana di un americano medio. Lo stesso americano medio di cui tanto si sente parlare ultimamente. Quello colpito dalla crisi dei mutui, quello che ancora non sa se voterà per Obama o per McCain. Quello che pranza e cena al fast food e quello che pensa che l’Italia sia il paese dei balocchi solo perché ha sentito dire che dalle nostre parti si mangia piuttosto bene. Ho imparato ad abbandonare gli agi che caratterizzavano il mio stile di vita, semplicemente perché non c’erano. Ho imparato quanto può essere triste vivere il sogno americano.

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